Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il gioco de' matti, Napoli, Domenico Langiano, 1750
 a cura di Maria Adele Ambrosio
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA I
 
 NARDANIELLO in veste da camera, e beretta seduto avanti la porta di sua casa, LISETTA che li dà il caffè. PARMETELLA sulla loggia dell’istessa casa, e poi PEPPONE in disparte con calascione.
 
 LISETTA
 
 Soffia, e bevi appoco, appoco.
 Padroncino mio carino.
 
 NARDANIELLO
 
 Uh mme coco Lisa mia,
 Pigliatillo tu pe mme.
 
 LISETTA
 
5Via pigliamo. Ecco sù.
 
 NARDANIELLO
 
 Gioja mia, pigliane cchiù.
 
 LISETTA
 
 (Presso a questo Cornacchione
 Stomacar mi sento già.)
 
 NARDANIELLO
 
 (Addevento già guaglione
10Pe lo gusto mmeretà.) (Finisce di prender caffè, ed intanto Lisetta s’avvede dì Peppone.)
 
 PEPPONE
 (Sto bonora de viecchio attiempo attiempo
 Mo che boleva fa na matenata
 A Lisa mia.)
 PARMETELLA
                          (Piglia cafè lo viecchio,
 E becco llà Peppone,
15Che co lo calascione
 Creo, ch’è benuto a sgargià Lisetta.
 Ma lo zanno ha da fà co sta fraschetta.)
 LISETTA
 (Ma il mio Peppone è quì; voglio vedere
 Di farn’entrare il vecchio.) Questo fresco
20Vi nuoce. (a Nardaniello.)
 NARDANIELLO
                      Vuoje na noce?
 Va trase dinto all’uorto,
 E fattenne scognà porzì no tummolo.
 LISETTA
 Lo dissi, che vi nuoce. (Parlandoli all’orecchia.)
 Il fresco a questo luogo: entrate dentro
25A vestirvi.
 NARDANIELLO
                      Te sento. (adirato.)
 Pecchè parle a la recchia, che so’ surdo?
 LISETTA
 Va bene.
 NARDANIELLO
                    È prena? chi?
 PEPPONE
 (E dice, ca n’è surdo.)
 LISETTA
 Dissi, che bene sta.
 NARDANIELLO
30Frustellà? che so’ ggatta.
 LISETTA
                                               Equivocate.
 NARDANIELLO
 Mme so’ nchiaccato? addo’? Lisa si’ pazza,
 O mme vuo’ coffeà.
 PARMETELLA
                                      (Vesogna ridere.)
 LISETTA
 Quest’aria è molto fredda
 Per voi.
 NARDANIELLO
                  Mo dice buono: traso a besterme,
35Pocca ll’ummedetà cala a le rrecchie,
 E all’uocchie, e mme fa sta no po’ stonato. (entra.)
 PEPPONE
 E non vò dì, c’ha sittanta nove anne,
 E pperzò è nzallanuto.
 LISETTA
                                           E ben, Peppone,
 Mi portasti la musica?
 PEPPONE
40Lesto cca so’ benuto
 Secunno l’appontato.
 LISETTA
 O Peppone garbato.
 PARMETELLA
 (Sì, fa lo fatto tujo, fauzo, briccone:
 Ca mo mmo restarraje comm’a paputo.)
 PEPPONE
45Miettete a sso pontone,
 E sientete sto trivolo vattuto. (Lisa sede in un canto, e Peppone sona il calascione, e canta la seguente sulla tarantella, e Parmetella dalla loggia osserva.)
 
    Corrite Pecorare.
 O minella, o minà.
 Mo ch’è muorto lo piecoro mio.
50Lo marriamao, e lo chicherichì.
    La capo pe ghì a tozzare,
 O minella, o minà:
 Va portatela a ssì Martine
 Lo marriamao, e lo chicherichì.
55   E le ccorna a li Merciare
 O minella, o minà:
 Pe nne fare li piettene fine
 Lo marriamao, e lo chicherichì.
    Le bodelle a li cordare,
60O minella, o minà:
 Pe le ccorde a li violine
 Lo marrimao, e lo chicherichì.
    La lengua pe ghiodecare,
 O minella, o minà:
65Va la date a ssì Milordine
 Lo marriamao, e lo chicherichì.
    E la lana pe cardare,
 O minella, o minà.
 Po la dongo a le belle vicine
70Lo marriamao, e lo chicherichì.
    E le belle vecine, e ba.
 Tu non file, non tiesse, e non cuse,
 E comme le ffaje sse gliommera?
 
 LISETTA
 Viva, viva, Peppone.
75Si vede ben, che tu se’ innamorato.
 PEPPONE
 So nnammorato cierto.
 Ma si tu nce annevine
 Chi è la Signora mia, te do na cosa,
 Che te nn’allicche.
 LISETTA
                                    Tu fai un mistero
80D’una cosa, ch’è nota insino a i paperi.
 Chi non sa la tò dama?
 PEPPONE
 La canusce?
 LISETTA
                         Certissimo.
 Invero è molto bella, e se la pigli,
 Tu sei nato vestito,
85Hai fatto dieciotto con tre dadi.
 E con tal moglie al lato
 Puoi dir, che t’è cascato
 Sulle fragole il zucchero.
 PARMETELLA
 (Vide quanta nne nfruceca
90Sta Frostera co chillo! ma scennimmo,
 E guastammo l’agguajeto.) (entra per calare.)
 PEPPONE
 De chi parle guaglio’?
 LISETTA
                                          Di Parmetella.
 PEPPONE
 Che ggrancio ch’aje pigliato, asciuoglie.
 LISETTA
                                                                         Come?
 Non è ella più bianca
95D’una giuncata, più leggiadra, e fresca
 D’un fior d’aranci, e più morbida, e tonda
 D’un beccafico?
 PEPPONE
                                E cchiù mmaleziosa. (qui esce Parmetella sull’uscio.)
 De na vorpa mmecchiata,
 Chesso non ce lo mmiette?
 PARMETELLA
                                                   Si so’ borpa,
100Songo meglio de te, che sì n’arcaseno.
 E tua sia squinzia avisse da pegliarete
 No po’ de scuorno a ghì sbertecellanno
 Li nnammorate all’autre.
 LISETTA
 Piano colla sia squinzia,
105Lisa mi chiamo.
 PARMETELLA
                                 Ed io mme chiammo Parma.
 PEPPONE
 Parmetella sì scesa auta a la mano,
 E Lisetta deceva
 Bene de te.
 PARMETELLA
                        Sso bene no mme mporta.
 Non canoscesse io mò chi è ssa trellegna!
 LISETTA
110Con te tutto è perduto: e forse credi,
 Ch’io voglia a te levar l’innamorato?
 È bugia: Tienti pure
 Per te quel Scimmione,
 Ch’io per me voglio Amanti
115Ricchi, belli, galanti, e liberali.
 PEPPONE
 Parmetè, te può dare pe rresposta.
 E autra rrobba chessa,
 Che non si’ tu.
 PARMETELLA
                              Se vede
 Ca site duje forfante tu, ed essa.
 LISETTA
120Eh parla bene, o ch’io.
 PARMETELLA
 Venarraje muro muro
 LISETTA
 Tu vuoi
 PARMETELLA
                  E biene (Si vogliono dar di mano, e Peppone si frapone.)
 PEPPONE
                                   Che bò dì ssa vernia?
 
 SCENA II
 
 NARDANIELLO, e detti.
 
 NARDANIELLO
 E llà, che cosa è lloco?
 Perché se strilla cca.
 PARMETELLA
                                       (Uh lo Patrone!
125E ssà che ppesta è chisto.) (parte non veduta da Nardaniello.)
 NARDANIELLO
 Che d’è? Site ammotute?
 Non parlate?
 LISETTA
                           Dirovvi.
 Parmetella di me s’è ingelosita.
 NARDANIELLO
 Chella vo’ la nzalata senz’acito?
 PEPPONE
130Gnornò: oscia non sente
 NARDANIELLO
 Non sento, e che so’ surdo? vi’ che bestia!
 LISETTA
 Dissi, che Parmetella
 NARDANIELLO
                                         Parmetella?
 Addov’è
 PEPPONE
                   Se nn’è ghiuta: no ll’aje vista?
 NARDANIELLO
 Ll’aggio vista gnorsine: a lo ddereto
135Sarraggio orbo! te vagano se’ cancare.
 PEPPONE
 (Uno, e sia buono. Ha tutto l’incorabole
 Ncuollo, e sempe vo’ dì ca n’è lo vero.)
 NARDANIELLO
 Chesta chi è?
 PEPPONE
                            È Lisa.
 NARDANIELLO
                                           È stata accisa?
 PEPPONE
 (E tu scannato.) È Lisetta. (gridando.)
 NARDANIELLO
                                                   La vedo,
140No strellà.
 PEPPONE
                      Vide a mmene: io so’ Peppone.
 NARDANIELLO
 Puozze morì de subeto,
 Che mm’aje pegliato pe ccecato affatto?
 Orsù vattenne mo a li Terretorie
 Vi’ comme sta lo ggrano.
 PEPPONE
145(Se se, lo viecchio grimmo
 Vo’ restà co Lisetta; ma è boscia.)
 NARDANIELLO
 Cossì bellezza mia (a Lisetta.)
 PEPPONE
                                     Messere.
 NARDANIELLO
                                                        Ancora
 Staje cca?
 PEPPONE
                      N’aggio denare.
 NARDANIELLO
                                                     Vuo’ magnare?
 PEPPONE
 Dico n’aggio denare.
 NARDANIELLO
                                        E ghietta coppe.
 PEPPONE
150Si pare a buje facimmo chillo cunto.
 NARDANIELLO
 Vuo’ dicere no cunto.
 E ddì.
 PEPPONE
               (Mmalò)
 LISETTA
                                  (Costoro mi fan ridere.)
 Dice Peppone, che vuol fare i conti.
 NARDANIELLO
 Vo’ fa li ponte, addo’?
 PEPPONE
                                          (Eh, no le piace
155Sto suono, e perzò fegne de non sentere.)
 LISETTA
 (Il peggior sordo è chi non vuol sentire.)
 NARDANIELLO
 Che ponte vole fa?
 LISETTA
                                     I conti, i conti.
 Vi dissi.
 PEPPONE
                   I conti, i conti.
 NARDANIELLO
                                                Ah sì, li cunte:
 Ssì mmalora de cunte io sempe cerco,
160E maje le ppozzo avè: mo sto appricato,
 N’autra vota se fanno; vavattenne.
 PEPPONE
 (Nò: si è pp’oje, me lo nsonno, ca lo scresto
 Patrone, e buono. Via su, jammoncenne.) (parte.)
 NARDANIELLO
 E accossì Lisetta
165Non parle?
 LISETTA
                        Dite pure, ch’io rispondo.
 NARDANIELLO
 Saje ca nfra poco mmarito Arfonzina,
 La quale da Sciorenza mm’è tornata
 Non è ancora no mese: e lo Marito
 E no mercante ch’aspetto da Napole?
 LISETTA
170(Non sa, che quella è di Leandro amante)
 NARDANIELLO
 E tanno po
 LISETTA
                       Che cosa?
 NARDANIELLO
 Vasta. Mo sacce, ca te voglio bene.
 LISETTA
 (Vo’ veder di burlarlo.)
 NARDANIELLO
 E pure te staje zitto?
 LISETTA
                                         A dirvi il vero,
175Io v’amo molto mi sentite?
 NARDANIELLO
                                                    Cierto.
 E non voglio sentì, quanno mme dice
 Ca mme vuo’ bene? Uh gioja?
 LISETTA
                                                         Ma vorrei
 Qualche segno.
 NARDANIELLO
                               Che signo?
 LISETTA
                                                      Un regaluccio.
 Sentite?
 NARDANIELLO
                   S’è avanzata
180La frossione, e non ce sento cria.
 LISETTA
 Mio caro Padroncino, io per te moro.
 NARDANIELLO
 Muore ne? Uh bene mio?
 LISETTA
 (Adesso ha inteso il furbo.)
 Ma mi bisogna un pajo d’orecchini
185Di diamanti.
 NARDANIELLO
                           Mo affatto non ce sento,
 E non ce vedo.
 LISETTA
                              Ma un amante sordo,
 E cieco, Padron mio, non sempre è buono.
 NARDANIELLO
 Nenna, lloco è lo mbruoglio,
 Io non vedo, e non sento, quanno voglio.
 
190   So’ surdo tantillo,
 La vista me mbroca,
 E comm’argatella
 La capo mme fa.
 Lo naso mme cola,
195La tossa mm’affoca,
 Ma po chisto fusto
 Sta sano, vì cca.
 Tu sì la cardella
 Io so’ lo cardillo.
200Che sfizio, che ggusto?
 Bellezza mantiè.
    De chessa conocchia
 Io so’ lo fusillo,
 D’ammore na cocchia
205Cchiù bella non c’è.
 
 SCENA III
 
 LISETTA, e PARMETELLA, che sente da parte.
 
 LISETTA
 Che bell’innamorato
 Lisetta t’hai trovato! vecchio, brutto,
 Sozzo, villano, zotico, cadente,
 Pieno d’infermitadi, e quel ch’è peggio
210Non vuole uscire! Oh che carino amante?
 PARMETELLA
 Carino eh? e mbè? va buono Sia Lisetta
 Figne co Nardaniello
 Da nanze, e da dereto lo coffie.
 LISETTA
 Parmetella, or mi fai
215Troppo importuna: poco fa facesti
 Bella la piazza con ingiuriarmi,
 E dirmi villania.
 Ed or mi fai la spia.
 PARMETELLA
 S’io songo spia, tu si’ na mozzecutola;
220E da che si’ benuta inta a sta casa
 Nc’è mmattuto l’aggrisso.
 Ma mperrò, siente a mme, sia tutta quanta
 N’autra vota, che pparle co Peppone,
 Te nne faccio pentì.
 LISETTA
                                       Ti compatisco,
225Perché sei cotta; e pure se sapessi
 Qual pregiudizio porti a una ragazza
 Essere innamorata,
 Così non parlaresti.
 Ai un gran mal sorella. In breve tempo
230Piangendo, e sospirando
 Vedrai, s’io dico il vero,
 E allor dolente, e misera dirai:
 Uh! non mi fossi innamorata mai.
 
    Son folli gli Amanti:
235Non farti ingannar.
 Con smanie, e con pianti
 Ti stanno a seccar.
 Ai! ai! Ma che?
 Son tanti palloni
240Ripieni di vento;
 E Amor forfantello
 Li balza, e ribalza
 Di quà, e di là.
 Ragazza sta attento,
245Impara da me.
    Colui, che più spende
 Mi sembra più bello,
 M’incappa, mi accende,
 Mi tira con sé.
 
 PARMETELLA
250Vi comme parla lasco
 La sia schefice: e ppure autro non pensa,
 Che ncappare Peppone,
 E fareme corriva.
 Maressa poverella!
255Le voglio fa dà a mmuorzo addo’ n’arriva. (parte.)
 
 SCENA IV
 
 LEANDRO, e FLORINDO.
 
 LEANDRO
 Chi più di noi felice,
 Caro Florindo, ch’oltre di godere
 D’una cara amistade i dolci frutti,
 Passiamo insieme ancora i lieti giorni
260Amanti riamati?
 FLORINDO
                                  È vero abbiamo
 Le nostre Dee nella contrada istessa
 Dirimpetto ambedue; semo da loro,
 Che ardentemente amano,
 Teneramente amati.
 LEANDRO
265In questo modo ognor semo allettati
 Sempre più ad adorarle.
 FLORINDO
 Un innocente Amore
 Invece di smorzarsi, più s’accende.
 LEANDRO
 Ma per farne la prova,
270Vorrei veder se sulla soglia scende
 L’adorata Alfonsina. (Guarda la casa d’Alfonsina.)
 FLORINDO
 Ed io guardo da quì: chi sa, mirassi
 La mia diletta Ottavia. (Guarda la casa d’Ottavia.)
 LEANDRO
 Mi apposi: Amor, che arride a’ miei contenti
275Fa comparir colei,
 Che vibra nel mio cor saette ardenti.
 FLORINDO
 Ed ecco Ottavia ancora: o noi felici.
 
 SCENA V
 
 ALFONSINA, OTTAVIA, ed i già detti.
 
 LEANDRO
 Cara Alfonsina.
 FLORINDO
                               Riverita Ottavia.
 LEANDRO
 Ma tu taci? qual nube intempestiva
280Va coprendo il seren del tuo bel volto?
 FLORINDO
 Qual tenebre di duolo (ad Alfonsina.)
 Toglie la chiara luce a i tuoi begli occhi?
 ALFONSINA
 Ah Leandro, è presaga (ad Ottavia.)
 Di tempeste vicine quella nube,
285Che il mio sereno adombra.
 OTTAVIA
 Florindo, è messaggiera
 Di prossimo periglio
 L’oscurità, che scorgi nel mio ciglio:
 LEANDRO
 Ma perché?
 FLORINDO
                         La cagion?
 ALFONSINA
                                               Mio Genitore
290Mi ha fatta Sposa.
 OTTAVIA
                                    Il Padre
 Mi ha maritata.
 LEANDRO
                                Oddio!
 Con chi?
 ALFONSINA
                    Con un Mercante
 Napoletan, che mi vuol senza dote,
 E perciò m’ave imposto, che domani
295Mi prepari a ricevere lo Sposo.
 FLORINDO
 E chi di te mi priva? (ad Ottavia.)
 OTTAVIA
                                          Un Gentiluomo
 Forestier, di mio Padre
 Corrispondente: Il tutto è fatto, e attendesi
 Fra giorni
 LEANDRO
                      E tu che rispondesti?
 ALFONSINA
                                                               Diedi
300Costante negativa:
 E mi levai di sua presenza.
 FLORINDO
                                                    E Ottavia?
 OTTAVIA
 Feci l’istesso.
 LEANDRO
                           Or che di far mai pensi? (ad Alfonsina.)
 ALFONSINA
 Non so: tu dell’avviso
 Puoi profittar, Se m’ami, il modo trova
305Di turbar queste nozze. Io qui non posso
 Trattenermi di più, temo che il Padre
 Non mi sorprenda. Addio.
 Pensa, che del mio petto
 Fosti il primo, e sarai l’ultimo affetto. (entra.)
 OTTAVIA
310Florindo amato, appieno
 T’ho aperti i sensi miei. Studia di sciormi
 Omai da tal’impaccio
 Con mio decoro, e a te mi dono. Intanto
 Parto, e pensa che il core
315Ti lascio in pegno per virtù d’amore. (entra.)
 LEANDRO
 Sentisti, Amico?
 FLORINDO
                                 O mè! pur troppo intesi!
 LEANDRO
 Or che farem?
 FLORINDO
                              Che so! Così improviso
 Colto mi sento da tal nuova, ahi misero!
 Che consiglio non trovo, e afflitto, e lasso
320Tra confusi pensier divento un sasso.
 
    Tra mesti affetti, oddio,
 Pena confuso il core!
 E il povero amor mio
 Tra speme, e tra timore
325Pace trovar non sà.
    Oh quanto è ver, che il duolo
 Confine è del piacere!
 E dove più consuolo
 Tu speri di godere,
330Trovi infelicità.
 
 SCENA VI
 
 LEANDRO.
 
 LEANDRO
 Non mi confondo io nò: ma trovar voglio
 Il Genitore avaro
 D’Alfonsina mio bene, e fuor de’ denti
 Seco discorrerò. Dirò, che fede
335Mi giurò, le giurai; ch’esser de’ mia,
 Ch’anch’io dote non voglio. In questo modo
 Qualche cosa farassi. Amor, che sei
 Tu la mia scorta, arridi a’ voti miei. (parte.)
 
 SCENA VII
 
 LISETTA, ed OTTAVIA colla man dritta fasciata.
 
 LISETTA
 Oh via, Signora Ottavia,
340Che occorre starti tanto a tribolare?
 Se vi siete tagliata un po’ la mano
 È mal che passa: quando una ragazza
 Vede un poco di sangue
 Quante smorfie, che fa: Uh! ih! e poi
345Sarà un nonnulla.
 OTTAVIA
                                   Non è, che mi dolga
 Questo piccolo taglio, che mi ho fatto
 Casualmente alla mano: ma mi spiace,
 Che scrivere dovea al mio Florindo
 Un biglietto, e non posso.
 LISETTA
350La mia Padrona non è lungi un miglio.
 Andare, e farsi scrivere due versi
 A vostro nome, non par che ci vadano
 Tante faccende.
 OTTAVIA
                                V’è suo Padre?
 LISETTA
                                                             È fuori.
 OTTAVIA
 Entro adunque. (entra d’Alfonsina.)
 LISETTA
                                Sì entrate. Poverina!
355È cotta per Florindo, e quel mi sembra
 Un Milordo spiantato.
 
 SCENA VIII
 
 PEPPONE, e LISETTA, poi OTTAVIA di Casa ALFONSINA con un biglietto.
 
 PEPPONE
 Vasta che sia Milordo.
 LISETTA
                                           O mio Peppone,
 Tu sei quì.
 PEPPONE
                       Stongo ccane, ed aggio ntiso,
 Ca tu sola solella
360Cca t’arremmediave
 No tagliolillo contra li Milorde.
 LISETTA
 Parlavo di Florindo, che mi sembra
 Alquanto ruvinato; benché vesta
 Galante, e pulitino.
 PEPPONE
                                      E all’apparenza
365Te nne vaje? figlia mia quanto te nganne.
 Sa quanta nne sacc’io, che linte,e pinte
 Vanno milordianno, e li vestite
 Songo tutte accidente.
 LISETTA
 Come tutti accidenti?
 PEPPONE
                                          Mo mme spiego.
370Vedarraje verborazia uno de chisse
 Co no vestito nuovo aggallonato.
 LISETTA
 Bene
 PEPPONE
             Chisso è accidente.
 LISETTA
 E come?
 PEPPONE
                   Quanto dura n’accidente,
 Ch’afferra a uno arrassosia?
 LISETTA
                                                      Secondo?
375Tre o quattr’ora, una giornata intiera.
 PEPPONE
 Tanto justo le dura
 Chillo vestito: manco de no juorno.
 LISETTA
 Ma perché?
 PEPPONE
                         Perché ll’ave da tornare
 A la Jodeca , e se nne piglia n’autro.
380Ecco n’autro accidente.
 LISETTA
 Ah ah tu mi fai ridere; ma viene
 Ottavia quì.
 OTTAVIA
                         La Signora Alfonsina
 Cortesemente subito mi ha scritto
 Il foglio per Florindo.
 LISETTA
385Siete contenta adesso?
 OTTAVIA
                                            Va benissimo.
 Ma per chi manderollo?
 LISETTA
 È quì Peppone.
 OTTAVIA
                               Sì, Peppone amato,
 Porta con segretezza questo foglio
 A Florindo mio bene; e in guiderdone
390Prendi. (li dà un zecchino, ed il foglio.)
 PEPPONE
                  Non c’è decche: chisto zecchino
 Mo mme mette l’ascelle; ma volite,
 Che le dica quaccosa?
 OTTAVIA
                                          Molto (ahi lassa!)
 Vorrei, che li dicessi; ma mel vieta
 Giusto dovere: a lui
395Nota è mia fiamma, e quale
 Empia funesta stella or mi contrasta.
 Ma che? Fida esser voglio, e tanto basta.
 
    Può farmi un’infelice
 La sorte mia spietata;
400Ma ingrata all’Idol mio
 Farmi giammai non può.
    Se perdo la speranza
 Di quel che più desio,
 Serbando la costanza
405Felice ancor sarò.
 
 SCENA IX
 
 LISETTA, e PEPPONE, indi PARMETELLA, che osserva in disparte.
 
 LISETTA
 Peppon, va, e torna presto, che vogliamo
 Il discorso finire.
 PEPPONE
                                  Sì ca t’aggio
 Da parlà nchino: credo ca già saje
 Ca spanteco pe ttene.
 PARMETELLA
410(Veccote Cicco, e Renza n’autra vota.
 Mo lo viecchio non c’è. Stammo a sentire.)
 LISETTA
 Io sento quanto dici; ma so ancora,
 Che un tempo amasti Parmetella. Udisti
 Colei quì poco fa quanto è gelosa?
 PEPPONE
415Che mme la voglio sbattere
 Chella brutta, muccosa, scontrafatta.
 PARMETELLA
 (A mme? e aspetta lloco
 Ca mo te voglio consolare.) (Entra nell’uscio a prender la granata.)
 LISETTA
                                                    Oh bene.
 Torna, che parleremo. Addio.
 PEPPONE
                                                        Schiavo.
420Quanno io parlo a Lisetta
 Nce aggio proprio no gusto da stordire.
 
 SCENA X
 
 PARMETELLA colla granata esce pian piano fuori dell’uscio da dietro a PEPPONE, ed uscendo lo bastona col manico della granata, e subito LEANDRO sopragiunge ponendosi in mezzo.
 
 PARMETELLA
 Ma voglio, che nce nn’aje n’autro tantillo
 De gusto. Te te
 PEPPONE
                              Oje Oje Mmalora cioncala (fuggendo per la Scena.)
 LEANDRO
 Fermati Parmetella, olà che fai?
 PARMETELLA
425Rengrazia sto Segnore,
 Ca te volea fenì de dessossare.
 Ma siente a mme, birbante, lazzarone,
 Schefienzia, maccarone senza sale,
 Cheste songo le tterze,
430N’autra vota te do lo capetale:
 
    Io brutta moccosa?
 A mme scontrafatta?
 E tiene sta ntosa,
 E ppigliate st’uorgio,
435Ca si nne vuo’ cchiù:
 Dimmannalo schitto,
 Ca comm’a n’alluorgio
 Te faccio sonà.
    Ma tu mbrosolie?
440Ma tu capozzie?
 Si guappo d’auguanno
 Via lassate sù.
 Si non te sta je zitto
 Lo riesto avarraje,
445E tanno cchiù ppatta
 La cosa sarrà.
 
 SCENA XI
 
 LEANDRO, e PEPPONE.
 
 LEANDRO
 Peppon, me ne consolo, le ragazze
 Ti vengon dietro.
 PEPPONE
                                  A botta de mazzate
 Gnorsì: ma io non sia
450Peppone Cacavrache,
 Si no nne faccio stuppole.
 LEANDRO
 Non vi fu aggravio. Non offese mai
 Mano di Donna.
 PEPPONE
                                 Sì, ma non è stata
 La mano, è stato maneco de scopa.
 LEANDRO
455Oh, che lettera è quella? (Accorgendosi della carta, che tiene in mano Peppone.)
 PEPPONE
 La manna la Si Attavia
 A Florinno.
 LEANDRO
                        Dà quà: glie la do io.
 PEPPONE
 Segnorsì datancella, (dà la lettera a Leandro.)
 Ca io non aggio tiempo,
460Pocca voglio ì a trovà chella ciantella,
 E farenne tonnina
 LEANDRO
 Rispetto, perch’è Donna.
 PEPPONE
 E torna co la Donna? chessa Donna
 Mo mm’ha fatto cavallo de bastune,
465Te cride, ca le ffemmene
 Songo meglio dell’uommene,
 O na patente avessero
 De fare nzò che bonno? chesse lloco
 Songo peo de le bipere;
470De le gliannole negre.
 E so nnate a lo Munno
 Pe castico dell’uommene, e zeffunno.
 
    Vorria sapè da te,
 Comme pe na Nennella,
475Che pare nzemprecella,
 Che fegne la scornosa
 E chiù maliziosa
 Chiù trista non se dà,
 Se vace n’ommo a perdere,
480Se scasa nzanetà.
 E ppe le fa na viseta
 No racchio, no nzertone
 Nnce spenne quanto tene
 S’ave d’arrojenà.
485   Perché simmo nuie stisse
 Chille che la ncenzammo.
 Nuie stisse la vantammo
 De chello, che non è.
 E chesto è lo pperchè.
490La causa è chesta ccà.
 
 SCENA XII
 
 LEANDRO guardando la lettera.
 
 LEANDRO
 La lettera è diretta
 All’amico Florindo, ed il carattere
 È d’Alfonsina! che interessi mai
 Può aver con esso? qual gelida mano
495Mi tocca in questo punto.
 Può tradirmi il mio bene? eh che in pensarci
 L’offendo a torto. Ma pur questa carta
 Mi somministra in petto
 Materia di sospetto. Egli è mestieri
500Ch’io l’apra, e mi chiarisca. (Apre la carta e la legge.)
 Florindo amato ai lasso!
 È Alfonsina, che scrive: questa mano
 Troppo mi è nota; o mio tradito amore! (Siegue a leggere.)
 Di nuovo il Genitore mi ha costretta
505A’ dare il mio consenso in brevi istanti
 Pel consaputo maritaggio. Io voi
 Unicamente adoro: e perciò ad esso
 Ve ne avanzo l’avviso. Intanto penso,
 Che trovarete a tanti guai compenso.
510Vostra, chi voi sapete. (Doppo letta si conserva la lettera.)
 Pur troppo l’ho saputo
 Senza che ad arte il proprio nome celi
 Traditrice perversa. Eccola: fuggo
 L’odiosa vista.
 
 SCENA XIII
 
 ALFONSINA, e LEANDRO.
 
 ALFONSINA
                             Mio Leandro, ascolta.
 LEANDRO
515Che tuo? Barbara Donna, e pensi ancora
 Di lusingarmi co i mandaci accenti.
 ALFONSINA
 A me, Leandro favelli?
 LEANDRO
                                            A’ te, spergiura.
 ALFONSINA
 Parli da senno, o fingi?
 LEANDRO
                                             I tuoi raggiri,
 Perfida, a me son noti,
520Ed hò pruova bastante
 Di quell’alma volubile, e incostante.
 ALFONSINA
 Che ascolto oddio! merta mia fedeltade
 Rimproveri sì acerbi? e che mai feci
 Contro di te, se non amarti sempre.
525T’amai, sì caro, e d’un amor sì forte,
 Che mi fur le ritorte
 Dolce peso per te. La mia costanza.
 Serbar vò fin ch’io viva: e tu crudele
 Mi rinfacci di barbara, e infedele?
 LEANDRO
530S’io non avessi meco
 Segni sì certi di quel core ingrato,
 Quel sicuro parlar, quel falso viso
 Mi sedurrebbe già. Ma non avrai
 Tiranna di mia pace, anima infida,
535Più il vanto di tradirmi;
 Poiché in questo momento
 D’averti conosciuta ancor mi pento.
 
    Se parli, m’inganni,
 Se guardi, mi affanni:
540E pure, infedele,
 Mi vuoi lusingar.
 Deh lasciami: o Dei!
 Ti basti così.
    Se miro quel volto
545Ti credo fedele,
 Quel labro se ascolto,
 Mi sento placar.
 Ma ingrata tu sei,
 Ma il cor mi tradì.
 
 SCENA XIV
 
 ALFONSINA.
 
 ALFONSINA
550Stelle! fu il mio Leandro
 Colui, che favellommi, ò m’ingannai!
 Ah! purtroppo egli fù: la nota voce
 Ancora mi risuona in mezzo al core.
 Ma perché tal rigore?
555Tanto sdegno perché? che feci mai?
 Della ragione il lume
 Quasi perdendo io vò. Trista ed oppressa
 L’alma nel sen smarrita
 Geme senza consiglio, e senza aita.
 
560   Minaccia il Cielo irato
 Col balenarmi intorno.
 È ad agitarmi il fato
 Tutto empietà per me.
    Mi sdegna, e mi rinfaccia
565D’infida il caro bene
 Capace a tante pene
 Questo mio cor non è.
 
 SCENA XV
 
 PEPPONE con Schioppo, e Bajonetta, e poi LISETTA.
 
 PEPPONE
 Guaie a cchillo, che scontro stammatina
 Hà dda sorcà derito, ca si none
570È ghiuto lo scurisso! o Parmitella
 Si t’ascio, si speduta. M’allecordo
 Dell’aggravio, che mmiezo ccà mm’aie fatto
 Ca ncoppa a li feliette regestrate
 Stanno ancora a carattico di legno
575A una a una le mmazzate toje.
 Ma mo co quattro pinole de tribus
 Che cca te schiaffo ncuorpo
 Te voglio fare vacuare ll’arma.
 E co sta baionella
580Te caccio tanto sanco
 Che llavarrie le mmacchie de le ngiurie.
 Ma vedo aprì la porta è essa cierto.
 Ah briccona si mmorta (Vedendo aprir la porta, crede che sia Parmetella, e si pone lo schioppo in faccia in atto di sparare, ma in vece di Parmetella, esce Lisetta, la quale in veder lo schioppo grida.)
 LISETTA
 Ai ai non far
 PEPPONE
                          Lise’
 LISETTA
                                      Peppone ingrato
585Questo a me?
 PEPPONE
                            Core mio
 Sbagliaie non dubetà.
 LISETTA
                                           Respiro, oddio. (Lisetta dirà la seguente intimorita, ed interrotta per la precedente paura.)
 
 Nel vederti così armato
 Collo schioppo posto al ciglio,
 Gela il piè mi manca il fiato.
590Non hò voce né consiglio.
 E tremante, palpitante
 Tep, tep, il cor mi fà.
 
 PEPPONE
 Fatt’armo Lisa mia,
 Ca no ll’aggio co ttico.
 LISETTA
595Ma perché così armato? che significa?
 PEPPONE
 Segnifeca gran cose: sangue, morte,
 Ira, averzerio, streverio, sfonnerio.
 LISETTA
 Adunque l’ai con me?
 PEPPONE
 Che boglio avè con te! non c’è cottico
600Né spata, né pognale, né scoppetta,
 Né bajonella. L’armature meje
 Pe tte non hanno taglio, e manco ponta
 Sto ferro micidiale ha da nfilare
 La scirpia, brutta fatta
605De Parmetè
 LISETTA
                         Dì piano
 Perché appunto mi par che scenda giuso
 A spazzar l’uscio. (Peppone in ciò sentire si scosta un poco.)
 PEPPONE
                                   Vì, tenesse mmano
 La stessa scopa de mo nnante?
 LISETTA
                                                          Certo.
 PEPPONE
 E mentre è chesto, schiavo. (Vuol partire, e Lisetta il trattiene.)
 LISETTA
610Aspetta, ch’ai paura.
 Di lei?
 PEPPONE
                N’aggio appaura
 Di leje, ma de te, che mmedè sanco
 Non t’agghiajasse.
 LISETTA
                                    Non vi è tal pericolo,
 Perché non cala.
 PEPPONE
                                 Eh mmalora quernuta!
615Si scenneva!
 LISETTA
                          Ma orsù parliamo a noi.
 (Lascia prima quel schioppo
 Se mi vuoi bene)
 PEPPONE
                                   Veccolo lassato. (pone lo schioppo dietro la porta.)
 LISETTA
 Peppone, a dirti il vero
 Lo star più in questa casa
620Non si può sopportar.
 
 SCENA ULTIMA
 
 PARMETELLA, e NARDANIELLO prima sulla loggia, osservando i già detti, e poi in istrada.
 
 PARMETELLA
 Si Nardaniello
 Vediteville llà. (Additando i due a Nardaniello, il quale guarda in altra parte, non rassicurandoli per debolezza di sua vista.)
 NARDANIELLO
                              Addo’?
 PARMETELLA
                                              Llà ddico.
 Ched’è? Non ce smicciate.
 NARDANIELLO
                                                  Fuss’accisa.
 Essa porzì, ca no nce smiccio: io smiccio
625N’aco dinto a la paglia.
 PEPPONE
 E che buo’ stà cchiù ccà, si chesta gliannola
 De Parmetella joca
 Le mmano comm’a cancaro.
 Pozza morì de subeto.
 PARMETELLA
                                           (E tu mpiso,
630Ca non paghe l’assequia.)
 NARDANIELLO
 Mpiso a mme? mme jastimme ne zellosa?
 PARMETELLA
 (Gnornò ll’aggio co cchillo.)
 LISETTA
 Quel Nardaniello è un vecchio sospettoso,
 Dispettoso, insolente,
635Sofistico, infermiccio, e sempre tiene
 Il diavolo addosso.
 NARDANIELLO
 E tu tutto lo nfierno, presentosa.
 PARMETELLA
 (Marame mo nce ha ntiso. Nsomma chisto
 Sente quanno vò isso.)
 PEPPONE
640Ma si tù mme vuo’ bene
 LISETTA
 Certo, ch’io te ne voglio.
 PEPPONE
 Pecché non ce sposammo, e la cchiarimmo?
 LISETTA
 Questo è quel ch’io desidero,
 Ma non vogliam più stare in questa casa.
 PEPPONE
645Aiebò; volimmo aprire na poteca.
 PARMETELLA
 (Sentite, ca se vonno ngaudiare
 E ghiresenne.)
 NARDANIELLO
                              Ah briccone frabutte.
 Chesso nè? Ma scennimmo
 Llà bascio, e consolammole a ssi guitte. (Entrano per calare all’uscio.)
 LISETTA
650E che mestier vorresti
 Tu far?
 PEPPONE
                 Già stà pensato. Io voglio fare
 Lo schiattamuorto, e tu faie la vammana.
 LISETTA
 Uh che mestieri ai scelto!
 PEPPONE
                                                 E nce so’ mmeglio?
 O se more, o se nasce: e pe no vierzo
655O pell’autro avarimmo sempre accunte.
 LISETTA
 Bisogna ritrovare arte più nobile.
 PEPPONE
 Mettiamo na bassetta. Tu te miette
 Sempre accanto a chi taglia,
 E camparrimmo a sciore
660Co li pezzotte.
 LISETTA
                             Ma staremo poi
 Soggetti a male lingue. Parla d’altro.
 PEPPONE
 Vuo’ fa la Cantarina,
 Ca io faccio lo Masto de Cappella?
 LISETTA
 E chi sape le note di noi due?
 PEPPONE
665Nfra n’anno nce mparammo,
 Pocca è n’arte assaie facele la museca.
 LISETTA
 Cioè per esser bestia.
 Ma per saperne un poco, è assai difficile.
 PEPPONE
 E che buo’ fare?
 LISETTA
                                 Io quand’era ragazza
670Stiedi a servigi d’una Pelandaja
 Parigina.
 PEPPONE
                    Vuo’ dire na Varvera?
 LISETTA
 Appunto.
 PEPPONE
                     E ba Lisetta, ca pecchesso
 Tu si’ la Mastra a rradere,
 E a scortecà ssi povere Fasane.
 LISETTA
675Io farò tal mestier, che v’è molt’utile
 Oggi a pelare. E perché maggiormente
 Sia in credito: farò la Forestiera.
 PEPPONE
 Cierto, ca le Frostere
 Fanno lo contrapilo
680Meglio de le ppaesane.
 LISETTA
 Tu che farai?
 PEPPONE
                           Da peccerillo io songo
 Stato a ggarzone a no masto Scarparo
 Fransese: e tanto quanto
 Me nne mparaie: Farraggio lo Scarparo
685Frostiero, e mme farraggio
 Chiammà Monsù Scarpone.
 LISETTA
 Approvo tal mestier: se ci riesci.
 PEPPONE
 Si ca nce vorrà tanto.
 LISETTA
 Vogliam prima provarci.
 PEPPONE
                                                Dice buono.
690Fegnimmo, ch’ossoria è na Madama,
 E ch’io vengo a cauzarete
 All’uso forastiero.
 LISETTA
 Va ben: poi fingerai
 Una donna attempata,
695Che quì mi chiami per esser pelata. (Parmetella, e Nardaniello dall’uscio non veduti osservano.)
 PEPPONE
 Bona pensata?
 PARMETELLA
                              (Stammoce da ccane,
 E bedimmo, che fanno.)
 PEPPONE
 Vado, e fingo venire.
 LISETTA
 Io fingendo la Dama
700Seduta in anticamera ti aspetto.
 NARDANIELLO
 (Potta! e che terramoto tengo mpietto.) (Lisetta Si pone in sossiego affettando atti Signorili, e dall’altra parte della Scena, finge venire Peppone contro facendo il calzolaio Forestiero; E i due anzidetti che osservano come sopra.)
 PEPPONE
 
 Ah Madam, votre valè?
 Je suis le Cordonier
 Pour vous chauffer les souliers
705Je suis apresent venù icy.
 Asseojez vous. Je vous chausse.
 Battez vous le pied. (accenna di calzare, ma non calza.)
 
 LISETTA
 
 Ah ahi
 
 PEPPONE
 
 Oh charmantes les fouliers?
710Al Madam, votre valè.
 
 LISETTA
 
 Ah Maitres, votre servant,
 Je fuis Madam la Barbier.
 Pour vous raser le visage
 De bon coeur je viens aissy.
715Asseojez vous. Je vous rase
 Le menton, les joues. (accenna di radere, ma non rade.)
 
 PEPPONE
 
 Ah, ah.
 
 LISETTA
 
 Oh visage chere, e charmant!
 Ah Maitres, votre servant!
 
 PEPPONE
 
720Buono, buono.
 
 LISETTA
 
                              Bravo, bravo.
 
 PEPPONE
 
 Nenna mia, si lo facimmo,
 Parmetella schiattarrà.
 
 LISETTA
 
 Ninno mio, se sposaremo
 Il Padron ne creparà. (Qui si accostano Parmetella, ed il vecchio non veduti, e i due si volgono, e vedendoli restano sorpresi.)
 
 PARMETELLA
 
725Secotate
 
 NARDANIELLO
 
                   Via decite.
 
 PARMETELLA
 
 Ah, Madam, votre valè. (controfacendo Peppone.)
 
 NARDANIELLO
 
 Ah Maitres, votre servant. (controfacendo Lisetta.)
 
 PARMETELLA
 
 Schiattarraie tu frabuttone (a Peppone.)
 Mpiso mpiso, ommo de niente.
730Ma lo riesto lazzarone
 Mmiezo cca te voglio fa.
 
 NARDANIELLO
 
 Creparraie tu forfantella (a Lisetta.)
 Brutta scirpia, bricconcella.
 Pe sso tratto, che mm’aie fatto
735Mo vedraie, che ssaccio fa?
 
 PEPPONE
 
 Mm’aie sentito, e mme che buo’?
 Non te voglio segnernò. (a Parmetella.)
 Voglio a chella, ch’è cchiù bella, (addita Lisetta.)
 Che mme fa cchiù pazzià.
 
 LISETTA
 
740Datti pace, mio Signore, (a Nardaniello.)
 Io per te non sento amore.
 Questo è quel che più mi piace, (addita Peppone.)
 Che brugiar il cor mi fa.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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